Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani. Tra il 2007 e il 2016 la percentuale di suicidi nella fascia d’età 10-19 anni è aumentata del 56%. Uno studio italiano pubblicato sulla rivista European Child & Adolescent Psychiatry ha indagato la relazione tra caratteristiche familiari e rischio di suicidio tra gli adolescenti utilizzando dati ufficiali (Fonte ISTAT) pervenuti dal 15° Censimento della popolazione italiana, dal Registro della popolazione italiana e dal Registro nazionale delle cause di morte. Gli Autori hanno analizzato i suicidi negli adolescenti di età compresa tra 10 e 19 anni dal 2012 al 2016, includendo 8.284.359 tra bambini e adolescenti (di cui il 51% maschi e il 49% femmine).
Nel corso di questa ricerca, durata 5 anni, sono state registrate 330 morti per suicidio (74% maschi) per lo più avvenute nella classe di età 15-19 anni (86%). Dall’analisi è emerso che alcune caratteristiche familiari sono maggiormente associate al rischio di morire per suicidio, tra cui: vivere in famiglie monoparentali o ricostituite (maschi), una differenza di età di 40 anni o più tra madre e figlio (femmine), avere genitori altamente istruiti, una differenza di età tra i genitori maggiore di 5 anni.
Inoltre, lo studio ha mostrato un rischio minore per i ragazzi che vivono in aree urbane, e sia per i ragazzi che per le ragazze che vivono nel Sud Italia.
Molti adolescenti che tentano (o muoiono per) il suicidio presentano un problema di salute mentale. Hanno difficoltà a gestire lo stress tipico di questa fase, come affrontare il rifiuto, il fallimento, le rotture, le difficoltà scolastiche e le turbolenze familiari. Potrebbero anche essere incapaci di capire che possono dare una svolta alla loro vita, e che il suicidio è una risposta permanente, non una soluzione, ad un problema temporaneo.
Sappiamo inoltre che il rischio aumenta quando l’adolescente ha una storia di abuso fisico o sessuale, se è esposto al bullismo, all’uso di sostanze, se è stato adottato, se LGBT.
E’ possibile identificare l’adolescente a rischio? Sì, stando attenti: quando è triste, ansioso o sembra in difficoltà è bene che il genitore si faccia avanti chiedendo cosa c’è che non va e offrendo il necessario sostegno emotivo. E’ bene inoltre monitorare i social, non permettere che si isoli, tenere d’occhio sonno e alimentazione (spesso i primi segnali d’allarme). Infine ricordarsi che ogni minaccia di togliersi la vita va presa sul serio: “se lo dice non lo fa” è un falso (e pericoloso) mito.