Non tutti i virus vengono per nuocere al business. E’ il caso della pornografia, che grazie al lockdown segna un aumento degno di nota.
Prendo spunto dall’interessante pezzo scritto da Joshua B. Grubbs, Assistant Professor of Psychology presso la Bowling Green State University, apparso oggi su THE CONVERSATION. Pornhub, per dirne una, segna un +18% dopo aver reso disponibili (free trial per 30 giorni) i propri contenuti Premium a chi accetta di rimanere a casa e di lavarsi frequentemente le mani.
WHAT ABOUT PORNOGRAPHY?
Se ci pensiamo, pornografia significa “libertà”, “fantasia” e quindi “evasione” dalle nostre quattro mura domestiche, divenute molto più strette a seguito del lockdown.
Il problema di un utilizzo maggiore della pornografia è legato alle conseguenze che tale abuso ha segnalato in passato. Prima fra tutte la tendenza ad isolarsi evitando l’esposizione alla sessualità concreta, fatta con esseri umani in carne ed ossa. Utilizzare la pornografia è servito a generazioni pre-COVID per evitare l’ansia da prestazione (o almeno loro lo credono) seguendo a volte il principio un po’ strampalato del “così mi alleno, e non farò figuracce nel caso…”
La maggior parte delle persona utilizza la pornografia per una ragione molto semplice e banale: il piacere. E difatti viene associata prevalentemente alla masturbazione.
Decine di ricerche dimostrano che, oltre per la ricerca del piacere, la pornografia viene utilizzata dalle persone per gestire livelli elevati di ansia, stress, emozioni negative e depressione. Per non parlare del senso di solitudine. Masturbazione e pornografia regalano un momentaneo sollievo dalla negatività. E in questo momento storico evidentemente di sollievo ce n’è un gran bisogno.
COVID-19 E DISTRAZIONE NECESSARIA
Il lockdown ha isolato centinaia di persone. L’impatto peggiore sarà per quella coorte di individui che già in precedenza avevano notevoli problemi sociali, gestiti in qualche modo sfuggendo alla realtà dei fatti, rifugiandosi nelle fantasie erotiche veicolate dalla pornografia casalinga. Ma questo non può, e non deve, stigmatizzare in toto la pornografia, soprattutto di questi tempi.
Le distrazioni sono importanti, e offrono una buona alternativa al bombardamento mediatico farcito di notizie catastrofiche asfissianti e spesso a titolo gratuito. Quelle sì che aumentano ansia, stress e depressione.
Despite the fact that, prior to COVID-19, 17 states introduced or passed legislation calling pornography use a public health crisis, public health professionals have argued that it really is not one, and I tend to agree. COVID-19, on the other hand, certainly is a public health crisis.
Grubbs non ha dubbi: la vera crisi non è legata all’aumento del consumo di materiale pornografico. Oggi il concetto di crisi ha allargato sensibilmente i propri confini fino ad abbracciare curve pandemiche prima nemmeno ipotizzabili. Un sistema sanitario mondiale in ginocchio, un futuro sociale incerto, un’economia in ginocchio. Queste sono le caratteristiche della crisi, non di certo quel +18% registrato sui contenuti Premium di Pornhub.
Se serve per stare meglio a casa e per non andare in giro tanto meglio. Ne beneficerà la flessione della curva dei contagi. D’altra parte, come ci ricorda Grubbs, non è la prima pandemia che l’essere umano si trova a dover affrontare nel corso della Storia.
Ma l’entertainment non era esattamente lo stesso che oggi abbiamo a disposizione.