Pensa all’ultima volta che hai conversato sentendoti profondamente connesso con il tuo interlocutore. Di certo ricordi la sensazione magnifica del percepire la sua genuina curiosità nei confronti della tua vita, di ciò che pensi, di come vivi le tue giornate. Questo è successo perché il tuo interlocutore ti ha lasciato il giusto spazio: come il padrone di casa che ti libera il divano, prego, accomodati qui, vicino a me.

Quella volta ti sei sentito una persona degna di interesse, e questo rappresenta un bel rinforzo per il tuo cervello sociale. Si sono attivate alcune aree neuronali, ti sei sentito bene. E ti ricordi quel momento magnifico.

Non da meno, se l’interlocutore sei stato tu, ovvero la persona che ha lasciato spazio, che ha fatto domande, che ha mostrato interesse, quella è stata un’esperienza gratificante e memorabile anche per te.

Mostrare interesse.

Se mostriamo interesse genuino e sincero, gli altri se ne accorgono e trovano gratificante parlare con noi. Ma come si mostra interesse genuino?

Ponendo le domande giuste.

Che non significa porre domande e basta. Certo, domandare è già un primo passo. Ma la domanda giusta, quella dell’interesse genuino, ha delle caratteristiche ben precise.

Vediamole.

Domande giuste e domande sbagliate.

Facci caso la prossima volta che conversi con i tuoi colleghi, durante la pausa oppure all’inizio di un meeting con il cliente. Tutti si assestano attorno a gruppi di domande standard, poco profonde, che tendono solo ad oliare gli ingranaggi comunicativi prima della disputa:

“Tutto bene il fine settimana?”

“Si, tu?”

Oppure:

“Hai visto la Samp?”

“Si, lasciamo perdere, ormai ho perso le speranze”

Poi si entra nello specifico, con domande che spesso servono a sottolineare le nostre idee, e non sondano minimamente cosa passa per la testa al nostro interlocutore:

“Hai letto il prospetto dei costi? Non ti sembrano eccessivi?”

Oppure:

“Come mai non siamo ancora partiti? Avete troppa roba da sistemare?”

Quando poni domande simili il tuo obiettivo è di essere utile in qualche modo, oppure di stimolare la discussione. Ma se non fai attenzione rischi di “orientare” gli interlocutori mettendoci in mezzo la tua interpretazione dei fatti (Avete troppa roba da sistemare).

Porre domande di qualità.

Con l’obiettivo di porre domande sorrette dalla tua genuina curiosità, che faranno sentire il tuo interlocutore una persona interessante (favorendo quindi un suo atteggiamento di apertura comunicativa e di collaborazione) sforzati di:

  1. scegliere domande aperte, a cui non è possibile rispondere con un SI o con un NO
  2. invitare esplicitamente il tuo interlocutore ad esprimere i pensieri, le emozioni, le motivazioni che lo spingono ad agire in un determinato modo (e quindi aiutalo a NON ESPRIMERE solo i fatti o peggio ancora i dati)
  3. chiedere un ulteriore approfondimento: non accontentarti delle prime parole, e non saltargli subito addosso con i tuoi commenti, ma invitalo a prendersi tutto lo spazio necessario, mettilo comodo insomma
  4. assumere un atteggiamento basato sull’ascolto attivo. Sii il miglior ascoltatore per quella persona in quel momento. Mostra interesse per quello che ti sta dicendo, non distrarti, osserva il suo comportamento non verbale, soprattutto stai attento a cosa ti stanno comunicando i suoi occhi. Come diceva Jung, sforzati di sentire la voce degli dei che c’è dentro di lui (e anche dentro di te, ricordalo).

Un esempio: sostituisci Avete troppa roba da sistemare? con Secondo te cosa rende questo compito così lento? oppure Cosa pensi di questo progetto?  o ancora  Cosa provi quando pensi al momento in cui dovremo consegnare il progetto?

Lo so, non è semplice.

Perché per tutti è difficile occuparsi di cosa sta dentro la testa ed il cuore degli altri. Tutti abbiamo il timore di scoperchiare vasi di Pandora difficili da richiudere. O meglio: tutti temiamo di sentirci dire “Hai sbagliato assegnandomi x”. Quindi preferiamo coprire l’interlocutore con i nostri commenti e suggerimenti.

L’ascolto ha l’oro in bocca: ciò che il tuo interlocutore ha da dirti contiene l’informazione più importante, anche se a volte scomoda, per ottenere un progresso nella tua attività. Lo sanno bene i bravi commerciali, che hanno imparato a farsi da parte e ad ascoltare il cliente. Loro sanno come mettere l’ospite a proprio agio: prego, ti faccio posto sul divano, mettiti qui vicino a me.

Ti lascio con una frase meravigliosa di Steve Jobs, spero ti faccia riflettere

“it doesn’t make sense to hire smart people and tell them what to do; we hire smart people so they can tell us what to do”